TOSI, SEMPRE TOSI, FORTISSIMAMENTE TOSI…

Nelle ultime settimane, si è intensificata la rassegna stampa sul problema Franco Tosi… Ciascuno spara la sua, un fiume di parole inutili, una catena di incontri inconcludenti, nessuno che vuole raccontare la verità… Io non racconterò la verità, quella la lasciamo agli uomini saggi o morti in croce, io dico la mia, che si chiama REALTA’ e non perdo tempo ad illudere gente su un futuro che non c’è. La Franco Tosi è un’azienda tecnicamente fallita, immersa in una formalina che la tiene in vita per il suo storico valore, niente di più, c’è un commissario che sta mediando il salvataggio di 200 posti di lavoro si e no e dopo bisogna parlare di futuro di quella immensa area. Punto. Mi fanno ridere i Salvini che vengono qui a fare il cinema coi giornalisti, mi fanno ridere i consiglieri regionali a 5 stelle che annunciano mozioni in parlamento, mi fa ridere il Sindaco che proprio oggi annuncia che la FTM non si sposterà dall’altomilanese… AHahahha, l’altomilanese, l’altra boiata inventata da chissà chi, un’altra Padania buttata li per riempirsi la bocca e per far vedere che si sa raccontare qualcosa… Provate a chiedere agli ‘illuminati’ dell’altomilanese cosa è l’Altomilanese… Ognuno darà i confini che gli pare, chi vuole arrivare fino a Gallarate, chi fino a Saronno, chi mette dentro il castanese, il magentino…Na boiata che non è mai esistita e mai esisterà, se lo mettano in zucca tutti… Però dire la verità alla gente, pare brutto, pare brutto guardarsi indietro di qualche decennio per capire che queste ‘tragedie’ le abbiamo già vissute: De Angeli Frua, Agosti, Dell’Acqua, Bernocchi, Cantoni, Comerio, Pensotti, Giulini & Ratti, Mottana, Manifattura di Legnano… E anche in quei casi, i sindaci dell’epoca a sudare per mediare qualcosa che non si può mediare, perchè quando la crisi scotta, andar vicino ad essa , causa bruciature, e dolenti. La Franco Tosi, non è una privilegiata, è una ex grande azienda  saccheggiata ed edulcorata, tanto più che ora c’è un nome più che fittizio. Fatevene una ragione, oramai siamo alla fine fine, si salvi chi può e poi si parli del futuro di quell’area, che per un secolo abbondante ha portato nel mondo la laboriosità e le idee innovative di grandi cervelli, ora rimangono i ricordi.

Da qui partirono i due soci Cantoni e Krumm, poi arrivò il grande

Da qui partirono i due soci Cantoni & Krumm, poi arrivò il grande Franco Tosi, che 1000 metri più a sud, in fondo alla via Alberto da Giussano, riposa in pace, in attesa di capire cosa succederà nei prossimi decenni. La vita è cosi, il momento di gloria non rimane in eterno, c’è chi rimane in auge 30 -50- 80 anni, Franco Tosi può vantare una ‘carriera dorata’ a 3 cifre, ma ora, oramai da un ventennio direi, non parliamo di eccellenza bensi di irreversibile decadenza.  Il mondo cambia, eravamo la settima potenza del mondo 30 anni fa, ora casualmente sono anni che non si sentono stilare queste classifiche, fa male vedersi sempre più giù e la Tosi come tante altre ha vissuto questa parabola discendente anche con robuste iniezioni di fiducia e di denaro, ora di deve guardare OLTRE.

Caro Franco, chissà se fossi resistito quanto Napolitano, chissà se i tuoi figli avessero resistito come Andreotti, magari ora staremmo qui a parlare di qualcos’altro, invece ti dobbiamo ricordare come un grande, come uno che ha visto lontano, ma i limiti umani non portano all’eternità. Suvvia, pensare positivo per il futuro, non è indugiare, è avere qualche idea, è trovare qualche cordata di imprenditori capace di realizzarla, ma basta proclami, il teatrino ha stufato fino ad essere addirittura stomachevole.

Un commento

  1. C'erano una volta le industrie. C’era una volta una città chiamata Legnano (Altomilanese, profondo Nord). C’erano una volta le industrie di Legnano. 
    Questa è una favola che è possibile cominciare in modo diverso, ma che ha lo stesso svolgimento e lo stesso finale. Non un finale tragico, almeno per chi non soffre di nostalgia in forma acuta. Ma insomma, nemmeno troppo bello. Perché tutto quello che c’era una volta, in una delle città simbolo dell’industria nazionale, adesso non c’è più. O nella migliore delle ipotesi sta subendo una trasformazione talmente radicale che uno scuote la testa e dice: «Le stagioni non sono più quelle di una volta».
    La Franco Tosi il marchio più prestigioso dell’elettromeccanica Made in Italy (e per 50 anni abbiamo dominato nel mondo) è nel particulare, la classica fabbrica-mamma. Non solo perché un legnanese su 10 ci lavorava e un altro su 10 ci prendeva la pensione. Ma perché la Tosi aveva tutto: dalle case per gli operai ai campi da tennis, dagli asili al supermercato interno. 
    Poi, dalla metà degli anni Ottanta, il declino, causato da scelte sbagliate (gli investimenti sul nucleare, saltato dopo il referendum; la presunzione di fare da soli senza stipulare alleanze con i concorrenti internazionali) e da divergenti interessi strategici dell’azionista di maggioranza (il gruppo Pesenti). L’azienda passa di mano non so quante volte. E non so quante volte avvia una ristrutturazione. Da ultimo approda dentro al Casti Group, controllato dal varesino Gianfranco Castiglioni. Il quale da tempo vuole vendere e intreccia trattative a destra e a sinistra. 
    Poi la Tosi passa al gruppo indiano Gammon. Il bello è che anche la Manifattura di Legnano, altro simbolo industriale non solo cittadino, è finita in mani indiane. Per la precisione, alla NewCocot.
    Come cambia la storia: fino a vent’anni fa decine e decine di legnanesi partivano per l’India per comprare filati e montare turbine elettriche. Oggi vengono loro a fare shopping.da noi.
    La Gammon viene travolta dalla crisi mondiale ma già la Tosi non navigava in acque serene, sulla testa pendeva e pende un debito di 70 milioni con equitalia e inps. La Tosi è al suo ultimo atto, potrà andare avanti ancora due anni ma poi il suo destino è già segnato.

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